Mohandas Karamchand Gandhi, avvocato, politico, filosofo

7 Maggio 2019 Off Di Amelie

Leader del movimento non violento da lui creato per l’anticolonialismo in India, ha fatto della non violenza e della ricerca della verità i due grandi princìpi della propria vita: “i miei due polmoni, senza i quali non potrei vivere”.
L’esercizio della non violenza (Ahimsa) e la fermezza nella Verità (Satyagraha) sono così strettamente legate tra loro che è praticamente impossibile districarle e separarle l’una dall’altra. Sono come due facce di una stessa medaglia.[…]Una cosa è certa: la Non violenza è il mezzo, la Verità lo scopo.


Gandhi
(Porbandar, India, 2/10/1869 – Nuova Delhi, India, 30/01/1948)

Mohandas Karamchand Gandhi nasce in un periodo storico caratterizzato da un vento di riforme dal sapore religioso, sociale e culturale. I Gandhi appartenevano alla casta dei mercanti, al 3° posto della scala gerarchica, ma da tre generazioni erano Primi ministri in diversi stati della regione del Kathiawar, penisola nord occidentale dell’India. Il padre, Kaba Gandhi “amava la sua gente, era onesto, coraggioso e generoso, ma facile alla collera”; la madre Putlibai “era profondamente religiosa, faceva i voti più severi e li manteneva senza vacillare; per lei rispettare due o tre digiuni consecutivi era cosa da nulla”.
Essendo di natura assai timido, Gandhi non si dimostrò uno studente particolarmente brillante, né alle elementari né alle medie inferiori e superiori che frequentò tra i 10 e i 17 anni. Dopo la morte del padre e dietro suggerimento di un amico di famiglia, partì per Londra dove conseguì, all’età di 21 anni, la laurea e l’abilitazione alla professione legale, grazie alla quale portò avanti la difesa e la rivendicazione dei diritti civili degli emigrati indiani in Sud Africa per i successivi vent’anni, attraverso la pratica della non violenza e la ricerca della Verità.
Una persona verso cui Gandhi nutriva immensa devozione era lo scrittore russo Lev Tolstoj; le idee di Gandhi sulla resistenza pacifica avevano trovato conferma nell’esempio di Tolstoj di cui aveva letto Il regno di Dio è dentro di noi e tradotto Lettera a un indù. Per un anno avrà con lui uno scambio epistolare, fino alla morte dello scrittore.
All’età di 45 anni fa il suo ritorno definitivo in India: gli indiani non lo conoscevano e lui non conosceva bene l’India. Il suo mentore Gopal Krishna Gokhale gli “ordinò” così di viaggiare per il Paese con “le orecchie aperte e la bocca chiusa. La sua vita e il suo impegno sociale saranno contrassegnati dalla ferrea volontà di ottenere l’indipendenza del Paese attraverso l’esercizio della disobbedienza e non cooperazione civili. Il tentativo ultimo di risanare gli antichi contrasti tra musulmani (Pakistan) e indù (Unione indiana) verrà impedito dall’attentato mortale avvenuto a Nuova Delhi il 30 gennaio 1948, all’età di 78 anni.

Degli scritti a lui più cari va ricordato HindSwaraj (letteralmente “autogoverno dell’India”), Satyagraha in Sud Africa e Autobiografia, la storia dei miei esperimenti con la verità.

a cura di Marina Ortu