Johannes Kronenberg

10 Novembre 2020 4 Di Camilla

Johannes Kronenberg

Johannes Kronenberg
Johannes è cresciuto nelle foreste di Bosch en Duin nei Paesi Bassi. Ha studiato per il Bachelor of Arts nei Paesi Bassi e un Master of Science in sostenibilità e leadership in Svezia. È stato coinvolto nel lavoro di sostenibilità strategica, sviluppando programmi di istruzione a livello di laurea, master e iniziative di apprendimento informale, ricerca artistica, oltre a partecipare attivamente alla Sezione giovani dei Paesi Bassi dal 2014. Nella primavera del 2019 Johannes è entrato a far parte del team della Sezione Giovani del Goetheanum, Dornach, Svizzera.


Dal settimanale, “Das Goetheanum” del 17-24 aprile 2020, vi proponiamo il seguente articolo scritto da Johannes Kronenberg.

È una realtà che stiamo attraversando una crisi ecologica. Noi tutti siamo consapevoli dei fenomeni che possono essere misurati, come l’innalzamento delle temperature e la diminuzione della molteplicità delle specie. Tuttavia non si tratta solo di una domanda tecnica. Johannes Kronenberg in questo articolo, va alla ricerca di immagini e di immaginazioni

Quale immagine abbiamo noi della Terra? E quale dell’uomo?

La Terra come specchio dell’uomo

 Noi siamo ormai incorsi in un grande disequilibrio in relazione alla Terra! Mari, boschi, terreni ed esseri viventi non possono più sopportare la “danza” con la società nel modo in cui si svolge al giorno d’oggi. Anche la società non può più seguire la sua propria accelerazione e cade, come può fare “un cieco nell’incertezza” (1). La coscienza di tutto  questo sta crescendo da 100 anni a questa parte. Negli ultimi anni è avvenuto un rapidissimo risveglio e questo tema occuperà l’Umanità almeno per i prossimi 100 anni. Cosa riflette questo disequilibrio? Come possiamo raggiungere una comprensione approfondita e differenziata di ciò che sta accadendo per poter agire in un equilibrio sano? Una domanda, questa, di non facile risposta ma che rappresenta uno stimolo per l’umanità odierna.

Immagini di una crisi

La situazione in cui noi ci troviamo come società globale, è stata definita dalle Nazioni Unite “crisi climatica” (2), e dal novembre 2019 resa ancor più attuale dall’Unione Europea che l’ha definita “emergenza climatica”. Una parte dei politici e della comunità scientifica è orientata al fatto di “tirarci fuori” il più presto possibile da questa situazione. Così in Olanda si va dicendo che la velocità massima in autostrada deve essere ridotta per avere minori emissioni di gas serra in modo che poi, per le nuove popolazioni, si possa costruire ancora di più. Nelle vicinanze di Berlino la ditta di macchine Tesla vuole tagliare questa primavera 90 ettari di bosco, per costruire una fabbrica che dovrà poi produrre ogni anno mezzo milione di auto elettriche.

 Elon Musk, amministratore delegato di questa fabbrica, ha già però assicurato di ripiantare da qualche altra parte un milione di alberi. Si potrebbero far ancora molti altri esempi che indicano che la terra viene considerata e trattata come una macchina con parti scambiabili. Si porta via qualcosa da una parte e la si sostituisce con qualcosa da un’altra. L’esempio più evidente è il commercio della CO2 per il quale i paesi europei possono comprare l’uno dall’altro i diritti di emissione della CO2 per rendere possibile un’ulteriore crescita economica. In questa dinamica la vita economica va dicendo che anche una crescita economica “verde” è possibile senza definire a nuovo gli standard di vita occidentali. E con ciò il nostro ambiente è arrivato al centro del dibattito portando con sé nuove polarizzazioni. Noti attivisti per il clima come Paul Kingsnorth (3), si tirano indietro e giovani volti assumono la lotta.

Ma forse in questo dibattito può esserci qualcosa di più, come è stato descritto lo scorso autunno in “Das Goetheanum” (4). Da molto tempo ormai appaiono inevitabili la necessità e il desiderio di una nuova immagine del mondo e di un nuovo orizzonte.

Il motivo è che questa crisi non si limita solo al clima, per il quale i gas di scarico e gli aspetti della CO2 sono solo dei sintomi, ma fa appello anche ad un ampliamento di coscienza. I concetti di cambiamenti climatici o crisi climatica e così via…., offrono una comprensione limitata di ciò che sta accadendo. Nel progetto Dark Mountain di Paul Kingsnorth, fondato assieme ad altri, si parla di “nuove narrative” e di immagini che dovrebbero riportare tutto l’insieme in un ritmo sano e in equilibrio (5). In questo senso quali sono i compiti o le domande a “Das Goetheanum”, “la casa della parola” , dell’incontro interculturale?

Le cinque voci attuali oggi

Per introdurre in questo tumulto di voci sul clima una voce salutare dobbiamo innanzitutto riconoscere le diverse prospettive all’interno del dibattito.

Attualmente la discussione è fortemente polarizzata e la qualità del dialogo è molto limitata.

Si possono individuare 5 voci dominanti nel dibattito sul clima.

La prima è quella dei cosiddetti “scettici dei cambiamenti climatici”, che sono convinti che non è in corso un riscaldamento della terra o come minimo che non ha a che fare con le azioni dell’uomo. Una seconda voce viene dagli “ottimisti-tecnologici”, che ritengono di poter risolvere l’intera questione con più tecnologia. 

Una terza voce è quella degli “ortodossi del clima”, che sono profondamente convinti che non abbiamo quasi più tempo e che dobbiamo fare tutto quanto è necessario fare per abbassare il più in fretta possibile le emissioni ed evitare una catastrofe.

La quarta voce viene dagli amici “del comportamento giusto verso il clima e il cambiamento del sistema”, i quali sostengono che la crisi è in stretta relazione con il sistema economico, sociale ed ecologico e che l’unica soluzione consiste nella riforma del sistema capitalistico che produce CO2 (6). La quinta voce è quella dei “catastrofisti del clima”, che va dicendo che ormai è troppo tardi.

Charles Eisenstein che ha indagato queste prospettive (7), dimostra come nelle polarità ci siano delle convergenze. Un polo dice che tutto va bene e l’altro che è già cominciata la fine del mondo. In questa cacofonia c’è apparentemente poco posto per voci che tentano di considerare terra e uomo in relazione fra di loro e cercando di creare un’armonia.

Un nuovo illuminismo?

L’attivista del clima già menzionato Paul Kingsnorth, nel 2018 aveva comunicato in un’intervista (8), di essere arrivato ad una tesi nuova e per lui sorprendente: la crisi climatica è in fondo una crisi spirituale. Lui spiega questa crisi spirituale come un collegamento mancante con i processi vitali, ma si ferma a questa descrizione appena abbozzata. Anche il Club of Rom nel 2018,  suo cinquantesimo anniversario, ha fatto una simile dichiarazione e definito la crisi climatica, una crisi filosofica (9). Anche in questo caso non è stato sviluppato che cosa questo significhi. Ci si è fermati all’idea che è necessario un nuovo “illuminismo” o un nuovo  “rinascimento” per progredire.

Tali dichiarazioni non sono nuove. Già nel 1938 l’agronomo Ehrenfried Pfeiffer, descrisse la stessa prospettiva nel suo libro “La fertilità della terra” in relazione alla “crisi dell’agricoltura” che già era cominciata. Ma cosa significano queste dichiarazioni in relazione ad una crisi spirituale che dipende dal nostro legame con la terra? Proprio a questo punto potrebbero venir iniziati un nuovo capitolo e una nuova ricerca.

 “Non convenzionalismo”

 Per lo sviluppo futuro dell’umanità è decisiva quale immagine ci facciamo dell’essere in divenire della terra. Viviamo e agiamo su un corpo cosmico che soggiace alla morte o i nostri pensieri ed azioni riguardano un essere vivente cui appartiene la legge eterna del “muori e divieni” scrive Günther Wachsmuth nel suo libro del 1945, Terra e uomo – le loro forze formative, i ritmi e processi vitali (10). Wachsmuth invita a ricercare e considerare la terra come un organismo vivente al contrario di quello che fa una scienza naturale che divide tutto in singoli frammenti, portando alla fine a considerare la terra come una macchina. Questa meta di comprendere la terra scientificamente come un essere vivente può essere vista come una grande sfida, in particolare dopo quasi 300 anni di un pensare di tipo meccanico, di tecnica e industria moderna che hanno ampiamente trasformato la natura. Wachsmuth avanza la tesi che “un certo grado di ‘non convenzionalismo’ sia una premessa importante per fare progressi nelle scienze” (11).

Un lavoro in comune tra specialisti per esempio di meteorologia, biologia e medicina è necessario per fare ricerca e comprendere la terra come essere vivente. Un paio d’anni dopo, nel 1951, Wachsmuth ricordava, con una previsione stupefacente, l’influenza che l’uomo e la tecnica hanno sulla terra. Attraverso il rapido sviluppo della tecnica, con cui noi in particolare agiamo in quegli ambiti finora sconosciuti dell’atmosfera, penetriamo in processi dell’insieme della terra che come tali, noi in nessun modo ancora conosciamo. Già allora egli aveva presagito la situazione attuale assieme al disequilibrio degli involucri e degli organi della terra che la EU definisce “stato d’emergenza del clima”.

Gaia chiama

Nei decenni seguenti altri autori e ricercatori, vicini e lontani, si sono interessati di questa idea della terra come organismo vivente. Nel 1962 esce il libro famoso Primavera silenziosa, della zoologa Rachel Carson, sull’avvelenamento dei mari e dei terreni attraverso l’impiego della chimica nell’agricoltura. Il libro è nato in connessione alla procedura giuridica di Marjorie Spock e di Polly Richards, entrambe attive allora nella Società Antroposofica degli Stati Uniti. Si rivoltavano contro il governo degli Stati Uniti a causa dell’uso dell’insetticida DDT 13 nei giardini privati di New York (14). Dieci anni più tardi il famoso Club of Rom, nel 1972, pubblicò il rapporto “Limiti della crescita”, in cui si mette in guardia di fronte ad una possibile distruzione della terra e della società attraverso la modalità consumistica dominante nell’economia. Un’altra voce importante fu James Lovelock, che viene considerato il pioniere del movimento climatico. Lui ha lavorato con la sua cosiddetta ‘ipotesi-GAIA’, anche lui con lo scopo di considerare la terra come essere vivente. Egli descrive i suoi punti di vista nel libro Gaia – a new look at Life on Earth, nel 1979. A causa del suo pensiero e convinzione che l’energia atomica (dalla quale lo stesso Wachsmuth aveva messo in guardia) avrebbe potuto aiutare veramente l’umanità, era però contestato da diversi attivisti e attiviste del clima. Alla fine nel 1987 si riunirono le Nazioni Unite per abbozzare il famoso rapporto Brundtland, “Our Common Future”, dal quale nacque l’attuale definizione di ‘sostenibilità’. Seguirono molti incontri di governi fino alla conferenza sul clima di quest’anno COP 26, 15, che doveva avere luogo nel novembre 2020 a Glasgow. L’opinione di Wachsmuth che la terra non solo sia un organismo ma che anche viva in un ritmo di “muori e divieni” è dunque presente in modo inespresso nel dibattito sul clima. Tuttavia questo deve divenire ancora più cosciente perché le reazioni alla crisi del clima mirano spesso a maggior “sostenibilità ”e” azioni di emergenza” e considerano ancora la terra come una macchina che si può modificare e riparare.

Crisi dell’uomo tecnologico 

Quando noi vogliamo comprendere questa situazione come crisi spirituale in relazione con una terra vivente, quali prospettive si aprono? Un possibile modo di vedere potrebbe essere che noi abbiamo perso il nostro centro non solo socialmente, ma che gli originali processi di sviluppo ritmici   – spirituali e terreni – sono stati radicalmente accelerati. L’indurimento o  materializzazione nel mondo fisico ha luogo ad una velocità straordinaria. Esso trascura completamente la sua propria meta, quella di conoscere il mondo fisico e di porsi al servizio del vivente. Ecco un esempio quotidiano fra altri. Le strade nelle città moderne non vengono progettate per gli uomini ma per le macchine. Da questo nasce lo stimolo di muoversi con una macchina.

L’accresciuta materializzazione dell’elemento vivente procede così velocemente che l’uomo sta crescendo insieme alle macchine, per lo meno se procedesse veramente secondo quello che pensa Ray Kurzweil, il programmatore capo di Google. Nel suo libro The age of the Spirituals Machines, del 1999, abbozza la sua teoria che l’uomo svilupperà delle macchine più intelligenti di lui stesso. Questo sviluppo Kurzweil lo definisce ‘Legge del profitto che si sta accelerando’. Cioè l’aumento di quantità e di qualità delle conquiste tecniche (calcolando fra queste anche il sapere) procede in modo esponenziale. Molti problemi del clima vengono considerati da questo punto di vista tecno–ottimista: come uomini-robot (‘transhumans’) non abbiamo bisogno di un’aria salubre e di un’acqua potabile, cura e salute possono venir programmate e arte e cultura diventano superflue. Il campo d’azione di persone come Ray Kurzweil e ditte come Google non è piccolo, al contrario vengono messi a disposizione miliardi di euro per convertire in realtà pensieri evolutivi di tipo tecno- ottimistico.

Non è perciò una sorpresa che la voce più forte nel dibattito sul clima sia quella tecno-ottimistica. (Inoltre queste opinioni si possono identificare molto precisamente nell’odierna crisi del Coronavirus e nelle misure che vengono prese).

Il pianeta dell’amore

Ma la terra, con la cosiddetta crisi del clima, vuole forse richiamare l’attenzione su qualcosa d’altro, cioè farci da specchio possibilmente per un’altra immagine dell’uomo futuro. Deve essere chiaro che una esclusione, in modo ingenuo, della tecnica non rappresenti una possibilità seria. Tuttavia deve essere curato, partendo dal cuore, un rapporto vivo e libero con il reale mondo delle idee se si vuole che la figura umana libera possa progredire in un giusto rapporto con la tecnica (16).

Nel suo ciclo di conferenze sul Vangelo di Giovanni del 1908, Rudolf Steiner ha descritto come la Terra deve diventare il pianeta dell’Amore (17).

Sul cammino verso questa straordinaria immagine della meta l’uomo deve (come dice Steiner) superare il suo egoismo, l’errore, la menzogna e infine anche malattia e morte attraverso l’evoluzione del suo Io. Ma se noi sentiamo l’attuale battito del cuore del tempo vediamo che la Terra rispecchia la nostra paura, il nostro egoismo, l’errore, la menzogna, la malattia e i processi di morte. Proprio questo potrebbe rivelare cosa significa vivere in questa crisi spirituale. Non solo va perduta la relazione con il ritmo della terra o della realtà spirituale, ma viene anche trascurata la coscienza della forza e del potenziale del proprio Io, come viene mostrato nel famoso film “The Matrix“ e nel libro di Kurz Weil entrambi dell’anno del 1999 (18).

La domanda di cosa significhi diventare non una “macchina spirituale”, ma un essere umano che ama e vive in un ritmo vivente, con una terra che respira, può divenire un filo conduttore, un’immagine guida all’interno di questo dibattito globale.

Traduzione a cura di Manuela Acler

CONVEGNO

Per approfondire la tematica qui accennata e altri aspetti della questione climatica, la Sezione Giovani e la Sezione per l’agricoltura organizzano al Goetheanum nel febbraio 2021 un Convegno sul clima dal titolo” Respirare con la crisi sul clima”.

 Note

1. Dipinto di Pietro Bruegel il Vecchio, 1568

2. Cfr. l’articolo “Why the Guardian is changing the language it uses about the environment”, The Guardian, 7 maggio 2019

3. Paul Kingsnorth è un attivista britannico che dopo decenni di protesta si è ritirato con la sua famiglia in campagna. Ora è conosciuto come autore di romanzi e di saggi che, nel contesto del progetto Dark Mountain che ha fondato con altri, crea una nuova narrativa per la società. Il progetto stimola altri ad unirsi e a prendervi parte. In merito a questo vi è di più nel saggio, Uncivilisation, 2009.

4. Pubblicazione 36/2019 e 43/2019 con i testi di Andreas Neider, Renatus  Derbirge e Hans-Ulrich Schmutz.

5. Vedi 3.

6. Vedi: Charles Eisenstein, Climate: A new story, 2018

7. Ibid.

8. Tegenlicht, “De Aarde Draait Door”, 16 dicembre 2018

9. Io presi parte a questa manifestazione e consiglio la pubblicazione Come on! del Club of Rome.

10. Guenther Wachsmuth, (Erde und Mensch), Terra e uomo 1945.

11. Ibid., pag. 10

12. Ibid., pag. 12

13. Dichlordiphenyltrichlorethon (DDT)

14. Dan Mckanon, Eco- Alchemy: Anthroposophie and the History and Future of Environmentalism, 2018

15. COP STET, per “Conference of the Parties” è un incontro di Paesi che nel 1992 hanno sottoscritto l’accordo sul clima a Rio de Janeiro e che dal 1995 si incontrano ogni anno in un altro paese. Circa 20.000 persone nel mondo sono coinvolte in questo incontro.

16. Vedi Rudolf Steiner, Massime antroposofiche, O.O. 26

17. Rudolf Steiner, Il vangelo di Giovanni, O.O. 103,3. Conferenza del 20.5.1908

18. Nel film The Matrix si può vedere come l’intelligenza artificiale tenga in scacco l’Umanità e la faccia addormentare come in una sorta di bozzolo. Attraverso sensazioni chimiche nel sonno possono essere sperimentati ogni tipo di passioni e piaceri. Ma non ci si può più “destare” alla realtà e muoversi liberamente.

La ‘supermacchina’ vive delle forze degli uomini addormentati  e fa dell’intero pianeta una grande macchina che va alla deriva nel cosmo.