La musica di Alessandra

La musica di Alessandra

20 Aprile 2023 0 Di Camilla

a cura di Alessandra Lamparelli

Mi piace parlare della musica perché, nei suoi vari aspetti, è stata fondamentale per la mia storia. Infatti, la musica è entrata presto nella mia esperienza e tuttora è ampiamente presente.
La musica è certamente uno dei mezzi più potenti che esistano per rivelare all’uomo tutte le emozioni che si agitano dentro di lui. Le vibrazioni musicali stesse risvegliano nell’uomo sentimenti che a loro volta possono essere espressi e comunicati ad altre persone attraverso il linguaggio musicale, trasformati e sublimati in creazioni artistiche. Le combinazioni sonore e ritmiche creano, infatti, un linguaggio speciale che non ha bisogno di essere completato dall’aggiunta di nessun altro mezzo di espressione. Tant’è che è esperienza comune che persone che mostrano difficoltà ad esprimersi con il linguaggio verbale possono altresì esprimersi molto efficacemente con la musica. Questo soprattutto per trasmettere ciò che ognuno porta profondamente dentro di se, sentimenti ed emozioni.

Mi colpisce anche il fatto che il corpo e la sua gestualità sia indispensabile per la comunicazione. Questo è molto evidente durante la comunicazione verbale. Tuttavia, il corpo ed il suo movimento, se uniti alla musica, diventano strumenti potentissimi di comunicazione di tutto quello che normalmente si fatica a descrivere con le parole. Per esempio sensazioni, emozioni ed il prodotto inconscio di interazioni del mondo con la nostra

persona (ambiente, esperienze della vita, famiglia), rielaborate alla luce di esperienze interiori derivanti dallo sviluppo dell’anima nel lungo percorso dei tempi, sono straordinariamente ed efficacemente trasmesse con la danza. Inoltre, il connubio tra musica e movimento nella danza è in grado non solo di trasmettere ma anche di modificare lo stato interiore di una persona. Per questo, penso che anche la danza, sia un altro elemento fondamentale della mia biografia.

E’ significativo il fatto che anche i nostri predecessori rilevassero nella musica elementi fondamentali per il nostro percorso vitale anche difficili da esprimere verbalmente. Platone, ad esempio, tenta di descrivere a parole gli aspetti positivi della musica, ma senz’altro meno efficacemente di quanto lo possa fare la musica stessa: “La musica è una legge morale: essa dà anima all’universo, ali al pensiero, slancio all’immaginazione, fascino alla tristezza, impulso alla gioia e vita a tutte le cose. Essa è l’essenza dell’ordine, ed eleva ciò che è buono, giusto e bello, di cui è la forma invisibile ma tuttavia splendente, appassionata ed eterna”.

Degno di nota è anche quanto riportato da Schopenhauer sul tema della musica: “La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, semplicemente lo ignora, e in un certo modo, potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse piú: cosa che non si può dire delle altre arti. La musica non è affatto, come lo sono le altre arti, l’immagine delle idee, ma è invece immagine della Volontà stessa, della quale anche le idee sono oggettività: perciò l’effetto della musica è tanto più potente e penetrante di quello delle altre arti: perché

queste esprimono solo l’ombra, mentre essa esprime l’essenza. La musica esprime, con un linguaggio universalissimo, l’intima essenza del mondo, che noi, partendo dalla sua più limpida manifestazione, pensiamo attraverso il concetto di Volontà”.

Per me la musica e la danza sono sorgente viva di pensieri ed ispirazioni, una fusione di aspirazioni, ideali, di vita affettiva, di meraviglia, di gioia , di fusione e comunione.
La mia biografia si intreccia con la musica in questo modo:

Sono nata in una famiglia canterina: a mia madre piaceva cantare e a mio padre ascoltare musica di tutti i generi.
Ricordo bene che ogni domenica mattina la nostra casa risuonava di note: mio padre ascoltava musica classica o musica leggera italiana e straniera, mia madre canticchiava tantissime canzoni. Questo accadeva durante la giornata festiva mentre i miei genitori preparavano la pasta fatta in casa: ricordo il rumore della macchinetta da cui uscivano buonissime fettuccine all’uovo che si univa al sottofondo di musica classica oppure di musica spagnola, suonata con la chitarra.

All’età di cinque anni ho iniziato la scuola elementare intraprendendo lo studio del flauto diritto e della clavietta. Mi piaceva studiare questi due strumenti e non vedevo l’ora di salire sul palcoscenico per il saggio di fine anno! In quel periodo mi piaceva anche cantare e soprattutto danzare! Che fortuna nascere in un condominio con così tanti coetanei con i quali poter trascorrere tante ore ogni pomeriggio nel cortile così grande, pieno di alberi grandi e piccoli e così accogliente! Ognuno di noi a turno

proponeva giochi, attività e quando era il mio momento pensavo che la cosa più bella fosse poter cantare e ballare a ritmo di musica, con il mio super giradischi portatile a 45 giri, che provvedevo sempre a sistemare nel cortile, per la gioia di tutti! Così il grande cortile si trasformava in un palcoscenico in cui ognuno sceglieva la musica che più gli piaceva per poter cantare o ballare, ed esprimere così in modo naturale le proprie emozioni.

In quegli anni avrei tanto voluto frequentare un corso di danza, ma secondo mia madre la danza era frivola, per cui mi concesse di prendere parte a poche lezioni “giusto per togliermi lo sfizio”, come sosteneva. Mi propose invece lo studio del pianoforte, che lei considerava un’attività più idonea a “brave ragazze”.

Ad otto anni ho iniziato quindi lo studio del pianoforte classico, con un maestro molto bravo e di cui ho un bel ricordo: il Maestro Luigi, un uomo sulla cinquantina, alto un metro e settanta, con grandi occhi neri, viso leggermente paffuto, capelli grigi tirati indietro e la sua immancabile sigaretta, che aspirava in profondità nei momenti di massima concentrazione. Il Maestro Luigi mi ha trasmesso tanta passione e dedizione per lo studio del pianoforte e mi ha fatto conoscere la musica nel migliore dei modi in cui potesse farlo. Questo avveniva nel periodo dagli otto ai diciasette anni e richiedeva costanza, dedizione quotidiana e, diciamo, una certa propensione al sacrificio.

Lo studio dello strumento occupava quindi 2 ore al giorno, tutti i giorni, mentre alla domenica mattina le ore di studio diventavano 4.

Sebbene faticosi, questi anni sono stati molto belli: un po’ alla volta si conoscono le note, poi si imapra a muovere correttamente le dita sui tasti e poi, ad un certo punto, sei in grado di suonare un brano intero! Brani bellissimi, in grado di emozionarti tutte le volte che li suoni… Brani lenti, veloci, moderati, sforzati, allegri, tristi, malinconici, dolci, coraggiosi…. Suonando hai modo di toccare tutti i “tasti “ delle tue emozioni e puoi sentire te stesso attraverso la musica, che sgorga dalle tue stesse mani… Puoi entrare in contatto con la genialità dell’autore che ha composto il pezzo e percepisci un sentimento di “fusione” con qualcosa cui non sai dare un nome: forse il Tempo, Te stesso, la Vita, la Tua Anima….

Steiner stesso ha sempre apprezzato ed enfatizzato il ruolo della musica: “L’ uomo raggiunge un gradino ancora più elevato, quando riesce a trasformare lo stato del tutto privo di coscienza in uno stato cosciente […]. Impara allora a diventar cosciente in un mondo del quale solitamente nulla sa. Questo nuovo mondo non è un mondo di luce e di colori, ma si presenta anzitutto come un mondo di suoni. In questo stato di coscienza egli consegue la capacità di udire spiritualmente, di percepire combinazioni e molteplicità di suoni che non sono udibili per l’orecchio fisico. È il mondo del Devacian. […] L’elemento primordiale del mondo devacianico è il fluttuante mare di suoni. […] Ad ogni cosa del mondo fisico sta alla base un suono: ogni volto rappresenta determinati suoni devacianici, tutti gli oggetti hanno alla base del loro essere un suono spirituale e nella sua più profonda essenza l’uomo stesso è un simile

suono spirituale. […] Ogni mattina ci si sveglia provenendo dal mondo della musica delle sfere e dalla regione della pienezza sonora si entra nel mondo fisico. Se è vero che tra due incarnazioni l’anima è nel devacian, si può anche dire che durante la notte essa nuota e vive nel fluttuante suono come nell’elemento del quale è in effetti intessuta, che è la sua vera patria. […] L’immagine primordiale, il modello della musica è nel Devacian, la musica fisica non è che una copia della realtà spirituale. […] Per questo la musica agisce tanto a fondo anche sull’anima più semplice. L’anima più semplice sente della musica l’eco di ciò che ha sperimentato nel Devacian, si sente nella sua patria. Sente così ogni volta la certezza di provenire da un altro mondo.

Tra una lezione di pianoforte e l’altra diventai adolescente e a 14 anni arrivò il momento in cui potei andare in discoteca! Ero così felice di andare a ballare ascoltando bella musica! Mi piaceva tantissimo ballare seguendo il ritmo di ogni genere di musica! Mi piaceva immergermi in questo ritmo che era anche il ritmo delle mie emozioni: sentivo che ogni genere di pensiero, ballando, si “ trasformava”, si generava Energia che circolava dentro di me e che si traduceva in Armonia; sentivo quella “Fusione” di cui ho parlato prima.

La relazione tra musica e corpo è stata oggetto degli studi di Emile Jaques Dalcroze (nato nel luglio 1865 fondatore del metodo di didattica musicale chiamato Euritmica che prevede l’apprendimento della Musica attraverso il movimento del Corpo): “La musica agisce su tutto l’organismo come una forza magica che sopprime la comprensione e si impossessa

irresistibilmente dell’intero essere. Insistere nell’analisi di questa forza significa distruggere la sua stessa essenza… Sogno un’educazione musicale in cui il corpo stesso svolga il ruolo di intermediario tra i suoni ed il nostro pensiero, diventando lo strumento diretto dei nostri sentimenti”. Avevo tuttavia la fortuna di poter ballare liberamente anche nella mia casa in famiglia: i miei genitori mi avevano “donato” l’intero salotto, nel quale potevo ascoltare musica a tutto volume con le mie “cuffione”.

A 15 anni sostenni l’esame di quinto anno di Pianoforte presso il Conservatorio di Foggia. L’idea di dover suonare per essere “giudicata“ da una commissione composta da persone estranee, ha reso questo esame particolarmente sofferto per me. Ricordo e sento ancora oggi, chiara, nella pancia, la “ paura” di suonare davanti a persone sconosciute e giudicanti; la stessa paura che ho immaginato di poter provare ora, al momento di esporre questo elaborato: una paura dell’ignoto che si fonde con la paura di deludere chi mi ascolta e di non essere all’altezza della situazione.

Da dove viene tutto questo rigore e questa indulgenza verso me stessa? Siano state emozioni sopraggiunte con l’adolescenza? Da dove arrivava questa paura sino ad allora sconosciuta che mi sembrava così forte da paralizzarmi e far sì che non esistesse altro che lei, la paura? Perché prima non vedevo l’ora di calcare un palcoscenico e di mostrarmi ed ora avevo timore dello sguardo altrui? Sostenere un esame di pianoforte potrebbe essere una esperienza da vivere forse con un leggero timore, ma anche con la voglia ed il desiderio di condividere quello che si è studiato in tanti

anni. Invece per me si era trasformata in un’esperienza di contatto con la Paura nella sua forma più forte e disarmante. Mi chiedo cosa racconti questa paura di Alessandra e perché sia arrivata così forte e schiacciante nella sua vita ed ancora oggi a tratti continua ad avvolgerla.

L’esperienza dell’esame di V anno di pianoforte lasciò un segno importante e, pur avendolo superato ed avendo continuato il percorso di studio dello strumento, iniziai a sperimentare, durante il mio sedicesimo anno di età, sentimenti di “chiusura “ nei confronti di tutto e di tutti: non ero più la bambina a cui piaceva cantare e ballare in gruppo nel cortile; ero diventata taciturna, riservata, provavo imbarazzo molto facilmente ed in tantissime situazioni; non ero a mio agio nel mio corpo ed ero in conflitto con il mondo; si affacciavano dentro di me domande alle quali in miei genitori ed i miei amici non riuscivano a dare risposte… qualche lettura e lo studio della filosofia mi aiutavano, ma ero alla ricerca di risposte “ complesse”.

Intrapresi un percorso di psicoterapia che mi aiutò a trovare un nuovo equilibrio attraverso dialoghi speciali su temi al confine della realtà.
Decisi di progressivamente di lasciare lo studio del pianoforte: realizzai, con eccesso di senso critico, che un vero pianista non può provare imbarazzo a suonare in pubblico, un “Bravo Pianista “ dovrebbe avere voglia di condividere la sua passione sempre con tutti, mettendola al servizio Altrui anziché suonare solo per se stesso.

Suonavo sempre meno e vivevo questa situazione quasi come una punizione per non essere stata in grado di superare la mia paura, una

specie di “punizione” perché non ero stata all’altezza delle aspettative…. Ma quali aspettative? E di chi, da dove venivano? E perché punirmi per una scelta sentita e maturata da sola?

Anche un’altra motivazione mi aveva spinto in questa direzione: nello studio dei brani di compositori romantici, tra i quali ricordo in particolare Chopin, provavo così tante Emozioni che spesso mi ritrovavo a piangere, a commuovermi. In quel momento riuscivo ad associare queste emozioni solo a tristezza e frustrazione e così pensavo che mi sarei sentita meglio smettendo di suonare, così non le avrei provate!

Nella lettura di Alexander Lowen (Introduzione a “Paura di vivere”, 1982) ho scoperto possibili interpretazioni dei miei sentimenti di un tempo: “Una volta mi sono occupato di un giovane che presentava una forte insensibilità corporea. Era teso e contratto, gli occhi erano spenti, il colorito terreo, la respirazione superficiale. Grazie a una respirazione più profonda e ad alcuni esercizi terapeutici, il suo corpo acquistò una maggiore sensibilità. Gli occhi gli brillavano, il colorito si ravvivò, le gambe cominciarono a vibrare. Ma allora, mi disse:”Questa è troppa vita. Non posso resistere!”.

In realtà oggi credo di avere compreso che quello era semplicemente il mio modo di fondermi con la Musica e sentirla appieno, con tutto il mio essere: ancora oggi, tutte le volte che ascolto Musica e che Danzo provo forti emozioni. Oggi ho chiaro che utilizzo la Musica per Ritrovare le emozioni dentro di me e per portarle fuori:

Forse è per questo che mi piace tanto l’Euritmia, perché eseguendo i movimenti euritmici provo le stesse forti sensazioni di quando ascolto e danzo la musica che amo.

All’età di diciasette anni decisi di prendere una pausa dalla musica studiata e suonata al pianoforte. Proseguii con gli studi scolastici e dopo la maturità scelsi di iscrivermi alla facoltà di Farmacia e mi trasferii a Bologna.

Qui, durante gli anni in cui frequentavo l’Università, ebbi modo di ascoltare tantissima Musica di qualità: potevo ascoltare musica dal Vivo di ogni genere, dal Jazz ai concerti di Musica classica, dal pop al funky: era una scoperta dopo l’altra, nella bellezza e nel calore della musica dal Vivo! Ricordo ancora una discoteca di Lugo di Romagna, in cui andai per ascoltare dal vivo un sassofonista accompagnato da percussioni; sulle loro note danzavano ballerini tribali ed io ricordo bene l’emozione di Forza e di presenza di quella serata.

In quegli anni mi sono iscritta anche ad una scuola di danza Funky. In questa danza si usa il linguaggio del corpo per comunicare: si può dire che questa danza sia proprio una forma di dialogo tra due persone o tra due gruppi, in cui al posto delle parole viene usato il corpo e la musica. Durante le lezioni il maestro ci invitava ad usare prima il viso e poi tutto il corpo per “Parlare con una persona o con un gruppo di persone”.

All’età di 25 anni festeggiai la fine del mio corso di laurea in una discoteca, con tutti i miei più cari amici. Avevo un dj che suonava per me

tutte le musiche più belle ed importanti della mia vita. Ricorderò sempre le emozioni di quella serata, gioiosa e serena.
All’età di 31 e poi di 33 anni, divenni mamma.
Durante la gestazione ho ascoltato e fatto ascoltare ai miei figli in pancia tantissima musica, ho suonato il pianoforte, ho cantato per loro mentre erano in pancia, ho partorito ascoltando la musica e cantando… acuti alti! Sin dalla loro nascita ho cantato sussurrando loro le melodie più dolci: è sempre stato il nostro modo di comunicare.

All’età di 43 anni mi sono iscritta ad un corso di danza Classica per adulti alle prime armi; mi sono immersa in questa danza bellissima, dai gesti molto eleganti e dolci, modulati sulle note della grande musica classica. Ho seguito questo corso per un anno intero e alla fine ho persino partecipato al saggio finale, insieme a tante altre bambine e ragazze. Ho avuto il “coraggio” di salire di nuovo sopra ad un palco davanti ad un pubblico ed esibirmi!

All’età di 45 anni sono entrata a fare parte del coro “Chorus”, formato da circa 50 persone, con grandi capacità vocali ed artistiche e con un maestro eccezionale, il maestro Carlo, che scoprii essere stato insegnante di Coro al Conservatorio di Foggia, proprio e solo durante i cinque anni in cui anche io frequentavo come studente esterna quel Conservatorio! ..Che coincidenza!!

Oggi ho 47 anni e non riesco ad immaginare la Vita senza Musica e senza una qualsiasi forma di danza associata… a volte se non sto bene o mi trovo in un ambiente o situazione in cui non posso muovermi, ascolto la

Musica ed immagino comunque di danzare e di farmi cullare dalle note e dalla melodia.
Nel momento in cui varcherò la Soglia: desidero essere “ accompagnata” dalla Musica, quella che ho ascoltato di più nella mia Vita o qualsiasi Musica bella e di qualità, non farà differenza; ciò che ritengo importante è che in quel momento unico, insieme ai miei cari, ci sia a salutarmi ed accompagnarmi anche la Mia Cara e Adorata Musica, che è stata al mio fianco per così tanto tempo nella mia attuale biografia e forse in altre precedenti.

Grazie!!!

a cura di Alessandra Lamparelli