Bugia e Verità

Bugia e Verità

15 Febbraio 2023 0 Di Camilla

a cura di Cristiana Linetti

LA VERITA’ VI RENDERA’ LIBERI O LA LIBERTA’ VI RENDERA’ VERITIERI?

Partire dalle conclusioni perché tanto le conclusioni apparentemente non ci sono è coerente con la ricerca ed il lavoro fatti per questo elaborato ed anche con il titolo “interrogativo” apparentemente fuorviante… 

Se c’è un’armonia, se c’è consapevolezza, se c’è il Tao, se c’è vita pensata, forse si può azzardare anche, pur essendo partiti dal presupposto che la bugia fosse solo il peggio del peggio dell’essere umano, un “dipende…” e lasciare la risposta aperta in attesa di una nuova chiarezza. 

Ho deciso che sperimento, che gioco, che mi diverto, che non succede niente se parto dalle conclusioni invece che dalle premesse (ma alle premesse ci arriverò con un cammino a ritroso) perché “tanto” sono tutti semi… Infatti, la conclusione non concludente, provvisoria, il compito non compiuto, è che se osserviamo il simbolo del Tao possiamo vedere che nella verità c’è il seme della bugia e nella bugia il seme della verità. Sta all’essere umano, a ciascuno di noi, far sì che queste due componenti, questi due esseri spirituali, stiano in equilibrio, che abbiano un giusto spazio cosciente e siano in grado di trasformarsi continuamente, integrati in una sorta di danza degli opposti (o forse è meglio dire “complementari”), per accogliere ciò che viene incontro dal futuro come possibilità, senza ancorarsi agli automatismi “apparentemente ineludibili e rassicuranti” che ci si porta dal passato.

Volendo ben vedere, tutto ha concorso a questo elaborato: i miei studi di medicina cinese, la filosofia “fai da te” che ha guidato la mia vita fino ad oggi, i pre-giudizi e le “idee moralistiche di prima” rispetto alla bugia e l’antipatia manifesta nei confronti della manipolazione, i miei rari sogni notturni, le esperienze vissute durante questo primo anno di corso in Biografia sulla base dell’Antroposofia… insomma la mia biografia (sia del giorno che della notte) e le varie relazioni, le molteplici vite, che l’hanno attraversata, modificata, rinnovata, pensata. 

Parlo dal Tao perché è stato il punto di svolta nel ginepraio di idee, considerazioni personali, ricerche, letture, aforismi che durante la stesura dell’elaborato mi lasciavano insoddisfatta e m’invitavano a “cambiare argomento”. E invece no.

Dunque, eccoci al Tao. Chissà quante volte nell’arco della mia vita ho visto questo simbolo! Disegnato sui diari di scuola delle amiche più grandi ancora quando andavo alle elementari o sulle magliette che strizzavano l’occhio alla filosofia taoista quando ero adolescente fino ai tomi di medicina cinese affrontati con stoica rassegnazione durante la prima età adulta per provare a comprendere il concetto di salute e malattia… ma mai avrei pensato di affiancarlo al concetto di “bugia e verità”. 

E invece… ero bloccata su tutta una serie di “concetti chiave” tipo “bugia/male” e “verità/bene” e non riuscivo a trovare una via da seguire. Partivo da Wilde “Mentire con garbo è un’arte, dire la verità è agire secondo natura” per approdare a Gary “Le verità non sono tutte abitabili: spesso manca il riscaldamento e si muore di freddo”. Ripartivo da Goethe “La menzogna crea sporcizia e oscurità nell’anima, la Verità tramite la sua purezza e luce la rende manifesta e la fa precipitare perennemente nel suo mondo oscuro. Il Coraggio della Verità vince sempre la viltà della menzogna” e ripensavo alle parole del professor Marcus Fingerle “Anche noi mentiamo ma loro sono più maldestri e si fanno scoprire…” (riferite agli adolescenti). Aprivo in continuazione mondi dentro i quali mi perdevo con la testa e la fantasia senza capire esattamente quale cammino percorrere.

Inizialmente avevo intitolato l’elaborato sulla bugia

PERCHE’ DIRE CIO’ CHE NON E’?

E avevo cominciato interrogandomi così:su bugie e menzogne si potrebbero scrivere libri e saggi a non finire, anzi, alcuni ci sono sicuramente; ci sono scrittori anche importanti e grandi che hanno guardato con simpatia a chi mente, altri con orrore e altri ancora con crudo e disincantato realismo (Macchiavelli “Il mondo vuol essere ingannato e perciò lo sia”. Pirandello “Nulla è più complicato della sincerità”. Rodari “Nel paese della bugia, la verità è una malattia”. Camus “Affinché la menzogna stessa si sgonfi basterebbe dire la verità”).

Ma come potevo impostare un elaborato sulla bugia che fosse un lavoro di ricerca personale, frutto di domande in attesa di essere illuminate? E come fare perché fosse veramente autentico? 

Allora ho scelto di partire da due miei ricordi: uno antico e uno recente. Delle bugie antiche ricordo la leggerezza. Delle bugie recenti la pesantezza. Tra questi due opposti di leggerezza e pesantezza, nel tempo, tante sfumature. 

L’Epifania scorsa, poi, mi sono trovata a rileggere “Artaban-Il quarto re” di Henry van Dyke. Quando “ho attraversato” il passaggio in cui Artaban “disse ciò che non è” per salvare un neonato dalla furia dei soldati di Erode mi è risuonato dentro ed ho fatto mio il suo semplice “Dio di verità, perdonami” e da allora sono un poco più in pace con la bugia… 

Per Agostino, alla base della menzogna c’è la voluntas fallendi, la volontà deliberata di ingannare l’altro. Mentre non è affatto detto che della menzogna faccia necessariamente parte la voluntas nocendi, cioè l’intenzione di nuocere all’altro e di danneggiarlo. Ci sono menzogne che sono un’autodifesa, una protezione di sé, ma che non intendono minimamente fare del male agli altri. 

Jean Jacques Rousseau affermava: “Asserire il falso è mentire soltanto se esiste l’intenzione d’ingannare; e perfino l’intenzione d’ingannare, lungi dall’essere sempre unita con quella di nuocere, qualche volta ha un fine addirittura contrario”.

Qualcuno sostiene anche che la letteratura e la bugia vanno a braccetto: la pratica del mentire e quella di fare letteratura sono così intrecciate che probabilmente sono nate nello stesso momento. Tutta la narrativa è in un certo senso una bugia, tutta la letteratura, di fatto, una forma di menzogna… oppure no? Io penso che sia soprattutto compito della letteratura (come esempio fra tanti possiamo ricordare il Faust di Goethe, 1984 di Orwell, Le lettere di Berlicche di Lewis ma anche Il Signore degli Anelli di Tolkien o L’ultimo elfo di Silvana De Mari), intesa come arte, il riuscire a compiere l’operazione di smascheramento della menzogna e rivelazione della verità (ma questo vale anche per tutte le altre arti). 

Tra l’altro il mentire è una caratteristica prevalentemente, umana. Serve pensare per poter mentire… Indipendentemente da ogni giudizio morale, la menzogna è opera di ingegno. Solo l’idiota, colui che è totalmente trasparente, non può mentire.

La menzogna è fenomeno ambivalente e ambiguo. È manipolazione della realtà, ma è anche espressione della creatività dell’uomo, risorsa vitale e perfino salvifica. Hannah Arendt ha potuto affermare: “La nostra capacità di mentire… appartiene a pochi chiari e dimostrabili dati che confermano l’esistenza della libertà umana”. Ma è anche vero che, se la menzogna diviene consuetudine incontrastata, si apre la strada a una società totalitaria e a comportamenti distruttivi. In particolare, se si diffonde una pratica menzognera e di inganno si prepara il campo ad abusi e alla perdita della fiducia, che è il legame che tiene insieme i rapporti interpersonali e le società: “La struttura della fiducia sociale è spesso sottile e non appena le menzogne si diffondono… questa fiducia è danneggiata. Tuttavia, la fiducia è un bene sociale da proteggere quanto l’aria che respiriamo o l’acqua che beviamo: se è danneggiata, la comunità nel suo insieme ne soffre e, se viene distrutta, le società vacillano e crollano”. 

E dalla potenza della menzogna, dall’uso e abuso della parola, passiamo alla necessità che la nostra società oggi ha di recuperare un’etica della parola. Di riscoprire il potere della parola, l’essere spirituale che la abita, per non cadere succubi della parola del potere che la manipola e distorce per i propri fini. 

Ecco. Arrivo al punto. Come siamo arrivati a ritrovarci così confusi, così distanziati, così egoicamente trincerati dietro le nostre convinzioni personali (ciascuno con la propria bugia da raccontarsi o la propria verità da difendere) da non riuscire più ad entrare in relazione con gli altri che la pensano diversamente da noi? È proprio necessario che il nostro pensare, agire e volere siano così gelidi, (direi quasi arimanici se non avessi timore di utilizzare questo termine a sproposito…)? O è possibile mantenersi saldi nel solco del pensare micheliano e far sopire ogni egoismo per portare calore in tutte le relazioni, anche quelle in cui le forze dell’antipatia la fanno da padrone?  E qui mi sono giunte in aiuto le parole “equanimità” e “abnegazione”. Mi sono interrogata sul come fare a nutrire queste qualità e, prima di addormentarmi, l’ho chiesto, insieme alla domanda: “Come posso trovare una traccia valida per orientarmi nel mondo della bugia e della verità?”. Ecco. Quando mi sono svegliata al mattino, dopo un sogno “vivido”, mi si è presentata, limpida e chiara l’immagine del Tao.

E alla fine di questa “ricerca” sulla bugia ho compreso che in realtà il dover fare l’elaborato mi ha chiarito le idee almeno su una cosa: in questo momento m’interessa di più cercare di avvicinarmi e illuminare sempre meglio piccoli spazi di Verità, interiore ed esteriore, piuttosto che stare a “fare le pulci” alla bugia… 

Ho iniziato con una domanda e chiudo con una domanda: la bugia può essere, invece che giudicata, vista, accolta, trasformata? Scommetto che qualcuno mi risponderebbe che osservando la cosa in sé (osservazione fenomenologica), portando luce (sguardo solare) e calore (anzi, mite calore) tutto è possibile… 

“Chi cerca il Cielo soltanto per salvare l’anima potrà seguire un sentiero, ma non raggiungerà la meta; mentre chi segue il cammino dell’amore può errare lontano, ma Dio lo accompagnerà nella regione dei beati” (H. van Dyke)

a cura di  Cristiana Linetti