Nelson Rolihlahla Mandela

Nelson Rolihlahla Mandela

7 Giugno 2022 0 Di Camilla

Rolihlahla Mandela nacque il 18 luglio del 1918 a Mvezo, un piccolo villaggio nel distretto di Umtata nel Transkei regione attraversata da miriadi di fiumi e torrenti che rendono il paesaggio sempre verde, una terra ondulata da morbide colline e fertili valli patria del popolo thembu, parte della nazione xhosa; apparteneva alla casa reale, precisamente alla casa di sinistra da cui discendevano i consiglieri del re ed erano incaricati di risolvere le dispute.

Si trasferì a Qunu con la madre ancora neonato, dopo che il padre, che ricopriva la carica di capo del villaggio, non si piegò alle regole del magistrato locale inglese.

Durante l’infanzia giocava con gli altri bambini nelle terre del veld, a piedi nudi e con una coperta come vestito, a scivolare su grossi massi lisci, a saltare sugli stagni, a colpire gli uccelli con la fionda e a pescare, a pascolare gli animali e al suo gioco preferito: la lotta con il bastone.

A quel tempo la sua vita era modellata dalla tradizione, dai rituali e dai tabù che nessuno metteva in discussione, gli uomini seguivano le orme dei loro padri e le madri conducevano la vita delle loro madri.

Il padre gli narrava storie e racconti di eroici guerrieri xhosa e di storiche battaglie, la madre gli raccontava leggende e fiabe tramandate da generazioni.

All’età di 7 anni andò per la prima volta a scuola. Il primo giorno di scuola la maestra attribuì dei nomi inglesi agli alunni e da quel momento in poi a scuola si sarebbero chiamati così; il suo nome fu Nelson. Ricevette un’istruzione inglese: le idee, la cultura e le istituzioni inglesi erano considerate le migliori, la cultura africana non esisteva nemmeno.

All’età di 9 anni morì il padre e la madre lasciò Qunu e affidò Nelson alle cure e alla protezione sostituto del re e reggente del popolo thembu Jongintaba.

Qui Nelson poté osservare le grandi riunioni politiche del popolo thembu e l’atteggiamento del reggente; al Gran Posto, nome dato alla capitale provvisoria del regno, nacque il suo interesse per la storia africana, prima di allora aveva sentito storie di guerrieri ed eroi xhosa, alla corte poteva sentire storie di altri eroi africani; i sovrintendenti che venivano a corte per risolvere dispute e giudicare casi, alla fine della loro occupazione si riunivano a raccontare storie. 

A differenza dei suoi compagni destinati a lavorare nelle miniere del reef, il reggente aveva predisposto il destino di Nelson in modo diverso: sarebbe diventato il consigliere di Sabata, re del popolo thembu ancora bambino, e per far ciò doveva studiare. Si recò al convitto di Clarkebury, la più alta istituzione scolastica per gli africani, e successivamente proseguì gli studi in un altro prestigioso istituto chiamato Healtown frequentato da tanti giovani provenienti da tutte le tribù. In questo posto cominciarono ad allentarsi le sue strette convinzioni sul tribalismo che ancora lo tenevano legato, cominciò a maturare un senso d’identità come africano e non più soltanto come thembu o come xhosa.

Anche in questi istituti l’educazione data era inglese, ritenuta la migliore e il massimo a cui un africano potesse aspirare era diventare “un inglese nero”.

A 21 anni si iscrisse a Fort Hare, che per un giovane africano nero era come frequentare Oxford, Yale, Harvard in un solo istituto, per proseguire gli studi universitari in giurisprudenza.

Durante le vacanze estive scoprì che il reggente aveva combinato un matrimonio per lui e suo cugino Justice, figlio del reggente; i due giovani non furono d’accordo con la decisione presa dal reggente e insieme scapparono a Johannesburg.

In questa grande città fu colpito dalla sua grandezza, dalle luci elettriche che la illuminavano di notte, dalla diversità della popolazione che parlavano lingue mai sentite e dal degrado che colpiva le zone abitate solo dagli africani: era la città dei sogni, dei pericoli e delle opportunità.

Dopo un primo lavoro come guardia notturna nelle miniere del reef, cominciò come praticante per diventare avvocato. In questo periodo della sua vita, grazie ai suoi colleghi e alle persone che aveva conosciuto, cominciò a frequentare gli ambienti politici e il Communist Party. Andava alle riunioni e ascoltava, ma non aderì mai al partito; faceva esperienza e di tutto quello che sentiva ne faceva tesoro. 

Continuò i suoi studi in giurisprudenza e si laureò, il giorno della cerimonia di laurea capì che si sentiva attratto dalla politica, non ci fu un momento preciso in cui Nelson si disse che sarebbe entrato in politica, non ci fu un momento di folgorazione, fu il lento accumularsi di tante offese, d’indegnità a far maturare la rabbia e la ribellione ad un sistema che imprigionava il suo popolo: un bambino africano nasceva esclusivamente negli ospedali per soli africani, c’erano autobus e treni per soli africani, se si poteva andare a scuola, c’erano scuole per soli africani, fare lavori per solo africani, affittare case nelle zone per soli africani e bisognava avere un lasciapassare che doveva essere esibito a richiesta sempre, giorno e notte, non farlo significava la prigione.

Cominciò a frequentare L’ANC, l’African National Congress, la più antica organizzazione nazionale africana del paese, che dal 1912 sosteneva una politica contraria al razzismo, volta a liberare gli africani dall’oppressione e a portare uguaglianza tra bianchi e neri.

Il suo impegno politico diventò sempre più attivo: inizialmente fece parte del consiglio esecutivo della lega giovanile volta a diffondere l’organizzazione in tutto il paese e prese posizioni politiche più radicali animate dal nazionalismo africano che combatteva per riunire tutte le tribù in una nazione, istituire una forma di governo democratica e abbattere lo strapotere dei bianchi.

Organizzò e partecipò alle varie iniziative non violente come gli scioperi o atti di disobbedienza, campagne antirazziali e antigovernative.

Nel 1948, quando Nelson aveva 30 anni, vinse le elezioni politiche il National Party, un partito filo nazista di afrikaner, il suo leader, Daniel Malan, provava rancore per gli inglesi (che avevano da sempre trattato gli afrikaner come inferiori) e per gli africani, che consideravano inferiori.

Il sistema politico di Malan si fondava sull’apartheid, che significa separatezza; tutte le discriminazioni razziali subite de facto sarebbero state sistematizzate in un codice di norme de jure, un sistema monolitico, diabolico nei dettagli, ineludibile nella portata.

L’ideologia si fondava sul ritenere i bianchi superiori agli africani, meticci e indiani e sul mantenere la supremazia della razza bianca; la parola “chiave” era baasskap, che significava supremazia bianca in tutta la sua asprezza.

Vennero proibiti i matrimoni misti e i rapporti sessuali tra bianchi e non bianchi divennero illegali, vennero istituite zone residenziali divise per razze con il Group Areas Act; con il Population Registration Act il governo era autorizzato alla classificazione delle persone per razza.

L’ANC iniziò un programma di azioni di massa che prevedeva scioperi, resistenza passiva, boicottaggio, astensione dal lavoro, manifestazioni di protesta e altre forme d’azione; poiché la situazione polita diventava sempre più accesa: le manifestazioni terminavano nella violenza o nel sangue ad opera dei poliziotti e il governo inaspriva le sue leggi come per esempio la dichiarazione dello stato d’emergenza, la messa al bando dei membri dei movimenti politici, la dichiarazione di illegalità delle organizzazioni politiche. Nelson credette nella necessità di abbandonare l’azione non violenta e fu incaricato di creare l’MK, il braccio armato dell’ANC, che aveva il compito di creare atti violenti di sabotaggio ai danni dello Stato, senza fare vittime, ma soltanto con lo scopo di colpire luoghi strategici. Aveva 43 anni.

Dai suoi 30 anni in poi il suo impegno fu rivolto alla lotta contro l’apartheid: furono anni in cui venne messo al bando tre volte, fu arrestato e subì tre processi, il più importante dei quali, detto di Rivonia, finì con una condanna all’ergastolo per lui ed altri compagni e attivisti da scontare nella prigione di Robben Island.

Rimase in prigione per ventisette anni, durante i quali dedicò il suo impegno a lottare per condizioni di vita migliori nella prigione, contro la piccola apartheid, come veniva chiamata, per superare le discriminazioni, che esistevano anche in carcere, e gli abusi; aiutò i detenuti di qualunque colore della pelle con consulenze legali e ottenne la possibilità di studiare e far studiare gli altri detenuti.

All’età di 62 anni venne trasferito nel carcere di Pollsmoor, isolato dagli altri compagni, nella sua cella decise d’intraprendere la strada dei negoziati con il governo e tentare una pacificazione; ci furono diversi tentativi, ma i negoziati si muovevano molto lentamente e nel frattempo la situazione politica era sempre più violenta, solo quando fu nominato De Klerck primo ministro ci fu un reale cambiamento nella direzione dell’apertura ai negoziati e alla pace.

Nelson all’età di 72 anni venne scarcerato e iniziò un periodo di viaggi in tutto il mondo.

Nel 1991 l’Anc divenne un partito politico e Nelson fu nominato presidente, cominciarono i negoziati per portare il Sudafrica verso la democrazia attraverso la Conferenza per un Sudafrica democratico (Codesa), cui parteciparono il governo, l’Anc e altri partiti.

I negoziati furono difficili ma alla fine si trovò un accordo e il 27 aprile 1994 furono indette le prime elezioni non razziali e a suffragio universale: per la prima volta la maggioranza nera si sarebbe recata alle urne per eleggere i suoi rappresentanti.

Con il 62% dei voti l’Anc fu il primo partito e Nelson diventò presidente del Sudafrica democratico. Rimase in carica dal 1994 al 1999.

Morì il 5 dicembre 2013 ed è sepolto a Qunu, nel Transkei.

a cura di Delia La Scala