Si tratta dell’identità umana e di un umanesimo globale, a cura di Michaela Glöckler

24 Dicembre 2023 0 Di Camilla

Care Amiche e cari Amici di ELIANT,

l’autore di best-seller e giurista noto a livello internazionale Ferdinand Schierach offre nel suo più recente libro, Nachmittage (Pomeriggi), scorci su propri incontri casuali ed eventi della vita che lo hanno segnato. Osserva al riguardo: “… queste storie ci proteggono dalla solitudine, dalle ferite e dalla freddezza. E alla fine sono l’unica cosa che veramente ci appartiene.”

In altre parole: attraverso la nostra storia di vita personale, con i suoi alti e i suoi bassi, diventiamo la persona che siamo. Essa determina la nostra identità. Quello che siamo secondo sesso, status, appartenenza familiare e nazionale o secondo una comunanza religiosa, professionale o di hobby ci travalica di molto e comprende collegamenti di gruppo di diverse dimensioni. Al riguardo, l’impronta di gruppo sovente è così forte che il singolo non rileva quasi più e nei casi estremi si definisce solo più fanaticamente attraverso il gruppo. L’identità umana individuale invece si forma attraverso le modalità con cui interagiamo con le nostre appartenenze di gruppo e viviamo ed elaboriamo la nostra sorte personale.

Tuttavia, le indicibilmente tragiche, brutali e orribili esperienze che hanno scosso l’Europa e il mondo a seguito degli eventi bellici del XX e XXI secolo hanno evidenziato una ulteriore dimensione della ricerca umana di identità, che principalmente si colloca in vista del prossimo futuro: la posizione giuridica e sociale della donna, che da un punto di vista globale rimane ancora precaria. Nel suo libro, pubblicato nel 1894, “Filosofia della libertà”, Rudolf Steiner trova già parole chiare al riguardo: “L’uomo vede nella donna, la donna nell’uomo quasi sempre troppo del carattere generale dell’altro sesso e troppo poco di quello individuale. Nella vita pratica questo danneggia gli uomini meno che le donne. La posizione sociale della donna è per lo più così poco dignitosa perché in molti punti, dove dovrebbe esserlo, non è determinata dalle caratteristiche individuali delle singole donne, bensì dalla percezione generale che si ha del compito naturale e delle esigenze della donna. (…) Esse (le donne) devono invece poter decidere da sé cosa corrisponda alla loro natura. A chi teme che dal fatto che le donne vengano considerate non come persone di una specie, ma come individui, possa derivare uno sconvolgimento delle nostre condizioni sociali, occorre ribattere che condizioni sociali in cui metà dell’umanità vive un’esistenza indegna di un essere umano hanno proprio molto bisogno di correzione.”

Il fatto che condizioni così straordinariamente indegne dell’essere umano resistano tanto tenacemente in Paesi come l’Iran dipende dalla vita giuridica di questi Paesi, cui le persone si abituano nel corso di generazioni, la considerano fondamento di identità – e questo è ancora acuito dalla pretesa che si tratti di diritti e leggi dati da Dio.

Un segno di speranza del nostro tempo è tuttavia il fatto che donne come la vincitrice del Premio Nobel per la Pace di quest’anno Narges Mohammadi – il suo libro White Torture, Interviews with Iranian Women Prisoners (Interviste con donne detenute in Iran; non tradotto) – fanno sentire le loro voci anche dal carcere così come donne rifugiate come Jasmin Taylor – il suo libro Im Namen Gottes (nel nome di Dio, L’oppressione delle donne in Iran; non tradotto) – analizzano con chiarezza come la legislazione iraniana legittimi l’odio verso le donne e gli abomini quotidiani, così che il mondo maschile lo percepisce come normale e legittimo.

Queste donne dimostrano con chiarezza senza precedenti come il vero progresso culturale e il coraggio per lo sviluppo individuale e la ricerca d’identità si condizionino a vicenda. La loro sorte può però anche sensibilizzare sul fatto di come siamo indicibilmente privilegiate in Europa e di quanto sia necessario l’impegno per un sistema di educazione e istruzione che ponga al centro il singolo essere umano e le sue esigenze di sviluppo.

Fortunatamente si moltiplicano singole voci e iniziative che si battono per un nuovo umanesimo globale. Al perseguimento di questo obiettivo si sente tenuta anche ELIANT con i suoi partner dell’Alleanza. Siamo grati di poter vivere in pratica questo amore per l’essere esseri umani e per la Terra come luogo del nostro sviluppo – in particolare nei campi dell’educazione e della terapia sociale, della medicina e dell’agricoltura.

Con i migliori auguri per le festività natalizie e l’inizio del nuovo anno vi saluta a nome del Team ELIANT,
Michaela Glöckler

Vi ringraziamo di cuore per la vostra offerta.