Il primo Goetheanum

Il primo Goetheanum

11 Gennaio 2023 0 Di Camilla

a cura di Nadia Semenzato

L’interesse per l’architettura ha segnato la mia vita da quando avevo 21 anni, dagli anni dell’università in avanti e all’età di 42 anni circa ho incontrato l’Antroposofia. Nel 2013 conobbi l’architetto Stefano Andi in occasione della visita guidata alla mostra “Rudolf Steiner – l’alchimia del quotidiano” al Mart di Rovereto e in quell’occasione appresi la possibilità di un percorso di approfondimento sull’architettura organica vivente, tenuto dallo stesso Andi a Rovereto. Da allora continua il mio cammino di conoscenza per avvicinarmi allo straordinario impulso di rinnovamento che Steiner ha dato all’architettura e tramite una materia a me vicina e amata ho intrapreso un cammino anche nei confronti dell’Antroposofia.

Il 31 dicembre 2022 cade il centenario della distruzione del Primo Goethanum e ho pensato di portare come elaborato del primo anno un approfondimento di questo straordinario edificio.

Dai primi anni del Novecento Rudolf Steiner vuole dimostrare come la Scienza dello Spirito possa esprimersi nei vari ambiti della vita dell’uomo, tra le quali anche il rinnovamento delle arti figurative.

Tra il 1910 e il 1913 mette in scena una sua opera teatrale “I Drammi Mistero” a Monaco di Baviera e comincia a pensare alla costruzione di un teatro a doppia cupola per la sua rappresentazione, ma il progetto fu respinto dalla commissione tecnica di Monaco.

Finalmente nel 1913 fu possibile la realizzazione del tanto desiderato edificio grazie alla donazione del dr. Emil Grossheintz di un terreno sul colle di Dornach, vicino a Basilea.

Inizialmente volevano chiamare questo edificio Johannesbau ma poiché Steiner partì dallo studio di Goethe per poi elaborare la concezione antroposofica egli stesso suggerì successivamente di chiamarlo Goetheanum. Il 20 settembre 1913 Rudolf Steiner celebrò la posa della pietra di fondazione e già il 1 aprile 1914 ci fu la cerimonia di copertura del tetto.

Fin dal primo anno la sua realizzazione fu messa a dura prova. Lo scoppio della prima guerra mondiale divise i popoli, ma l’impulso di Dornach fu così vigoroso da unire i cuori degli uomini per un’opera comune, anche se i loro paesi erano nemici in guerra.

I lavori poterono continuare anche durante il conflitto con la partecipazione di uomini appartenenti a ben 17 nazioni diverse, anche se molti erano stati chiamati alle armi.

In quanto espressione dell’Antroposofia lo stile del Goetheanum doveva distinguersi da tutti gli altri stili esistenti al mondo. L’Antroposofia è qualcosa di nuovo per l’umanità presente e futura e l’architettura che da essa deriva deve scaturire dallo stesso spirito da cui sgorga l’Antroposofia, si doveva passare ad uno stile organico vivente.

L’elemento del tutto nuovo è l’incontro di due entità (cupole), che nell’incontro cambiano, una assorbe un po’ dell’altra (come due cellule). Sono qualcosa di vivente.

Possiamo anche dire che è un edificio che respira: la cupola grande comunica espansione, dilatazione (espirazione) mentre la cupola piccola comunica contrazione, condensazione (inspirazione)

Nelle funzioni di palco e auditorium questi due spazi esprimono l’unione tra spirito e materia: la cupola grande rappresenta il mondo temporale, fisico mentre la cupola piccola esprime il mondo spirituale, eterno. Possiamo anche dire che la cupola grande rappresenta l’Io inferiore, quella piccola l’Io superiore.

Steiner opera in modo tale che lo spirituale venga reso visibile nelle forme plastiche della materia. Questo è reso in modo particolare nel “motivo” del primo Goetheanum, ossia nella soluzione artistica organica vivente che adotta nel portale d’ingresso e che si ripete in forma metamorfosata in tutto l’edificio.

La caratteristica dell’elemento organico è la ripetizione delle forme, ma non uguali a se stesse: immergendosi nell’elemento vivente si giunge a ciò che è idealmente fissato nel mondo spirituale e ci porta ad esprimerlo in svariate forme. 

Goethe esprime questa legge dell’organico vivente affermando che i singoli organi della pianta, le foglie, procedendo dal basso verso l’alto, nei fiori, negli stami, nei pistilli, nei frutti, sono sempre la stessa idea ma la stessa idea si presenta in forme molto diverse: quanto è fissato idealmente nello spirito può figurarsi esteriormente nei modi più vari.

La legge dell’organico vivente può essere quindi applicata anche in campo artistico architettonico.

In una costruzione in stile organico la cosa essenziale è che il tutto sia un’unità, non solo nella ripetizione del singolo elemento ma anche nell’insieme. Un singolo elemento che si trova in un determinato posto può essere in un determinato modo, avere una determinata forma, solo perché si trova in quel luogo, in quella posizione rispetto al tutto. In questo modo l’elemento artistico diventa conforme alla natura.

La sala grande, contenente la platea, era sostenuta da una doppia fila di sette colonne costruite con sette legni diversi e rappresentanti le fasi evolutive della Terra, la quarta e la quinta rappresentano lo stadio attuale.

La platea poteva contenere da 900 a 1000 persone. Il diametro della cupola grande era di 33,5 metri.

Sopra l’ingresso ovest , inserito nella costruzione, c’era uno spazio rialzato per l’organo.

Le colonne erano a sezione pentagonale, il nocciolo era ottagonale ed era costituito dal legno esterno della colonna successiva (rovesciamento dentro-fuori).

I capitelli, nelle loro forme scolpite, rappresentano i sette pianeti, le sette evoluzioni planetarie:

1 antico Saturno carpino

2 antico Sole frassino

3 antica luna ciliegio

4 Marte quercia

5 Mercurio olmo

6 Giove acero

7 Venere betulla

I pianeti portano a visibilità l’evoluzione del nostro pianeta Terra, come viene spiegato in “Scienza occulta”. In una serie di conferenze tenute a Dornach nel 1914 Steiner collega le forme artistiche delle colonne alle diverse anime di popolo.

C’è una continua metamorfosi dei capitelli e dell’architrave. Il capitello successivo è la metamorfosi di quello precedente, scaturita direttamente dal senso artistico e non da una riflessione. 

Dominava un impulso simile a quello della natura, che fa sbocciare una forma dall’altra.

Tra le colonne, sulla parete, si aprivano le finestre monocrome istoriate, le cui immagini apparivano solamente se vi collaborava il mondo esteriore.

Le colonne che sostengono la volta della sala piccola, che aveva la funzione di palcoscenico, sono a doppia fila di sei. Il numero dodici è il numero dello zodiaco o delle stelle fisse, del mondo spirituale. Anche qui, come nella sala grande, ogni colonna era formata da una specie legnosa diversa.

Nel fondo del palcoscenico, in mezzo tra le due file di colonne, sarebbe stata collocata la statua lignea del rappresentante dell’umanità: doveva significare che una reale conoscenza dello spirito conduce al Cristo.

Nella sala piccola dominava la quiete del mondo stellare e unito a queste forze, dalle profondità della sua volontà, l’uomo poteva sperimentare la nascita dell’amore, quale nuova forza creatrice. Come suo rappresentante, la figura del Cristo del gruppo scultoreo doveva venirgli incontro, come Sole spirituale in mezzo alle dodici costellazioni dello zodiaco.

La cupola grande e la cupola piccola erano interamente dipinte. Qui Steiner parla di esigenza di una nuova pittura, una “pittura spirituale”. Egli crea le immagini dal colore stesso.

“A chi entrava dall’ingresso principale, tutto l’insieme doveva suggerire, con linguaggio artistico: Riconosci la vera entità dell’uomo!”

a cura di Nadia Semenzato