Riflessioni su “il Tempo”

24 Gennaio 2020 Off Di Amelie

Sono partita da un disagio personale per poi approfondire le sue sfaccettature attraverso l’esperienza di tutti i giorni.

Il tempo: ho sempre la sensazione di non riuscire a fare tutto ciò che dovrei fare, di essere sempre in ritardo e in affanno, di non avere abbastanza tempo, di non riuscire a passare abbastanza tempo con i bambini. Questo mi procura disagio, mi toglie il fiato e mi sento soffocare, mi sento costretta ad inseguire un impegno dopo l’altro, tutti scanditi dall’orologio,e questo mi affatica e mi stanca. E allora incomincio a pormi delle domande: che cos’è il tempo? il tempo sta dentro o fuori di noi? il tempo è ritmo? è respiro? il tempo è sempre stato vissuto come oggi dagli esseri umani? Vado a guardare al passato, a come nel corso dei secoli l’umanità ha vissuto il tempo.

Nell’antichità il tempo era scandito dall’alternanza delle stagioni e dal susseguirsi del giorno e della notte: questo era il tempo degli astri, un tempo esterno all’uomo e nel quale l’essere umano vive; è un tempo macrocosmico. Anche se guardo alla mia infanzia o al ritmo delle giornate di mio nonno, che era contadino, riscontro ancora un legame con i ritmi stagionali; lui ne veniva guidato nel lavoro e cullato nello scorrere degli anni.Poi faccio l’esperienza con la famiglia di trascorrere le ferie in montagna, senza possibilità di usare la tecnologia come il pc, il telefonino,la televisione, e sperimento come il ritmo di vita sia in sintonia con la natura, col respiro del mondo, ma anche col mio respiro interno. Mi accorgo di sentirmi bene con me stessa e con gli altri, ho un ritmo sonno-veglia regolare e godo della compagnia degli altri e della natura. Questo è il ritmo personale di ogni uomo, il ritmo che regolarizza il suo benessere, che è legato al suo respiro e ai suo personali ritmi fisiologici: è un tempo microcosmico. È un tempo che si intreccia con quello macrocosmico. Dopo questa piccola esperienza durata due settimane torno alla vita di tutti i giorni e mi ritrovo immersa in un mondo che corre,  pieno di tecnologia. Al lavoro in ufficio ritrovo i computer, le stampanti, le luci artificiali,  tanti rumori e gli orari degli impegni da rispettare. I ritmi diventano frenetici, tutto va troppo veloce, mi distraggono le chat, il telefono, i rumori delle macchine che uso per lavorare, non riesco a concentrarmi. I miei ritmi, il mio tempo sono disturbati! Penso che se la mia vita ha un ritmo allora ha un senso. Torno a riflettere su come il tempo era vissuto e scandito dagli uomini nei tempi passati e a come sia differente quello che viviamo oggi giorno. Penso che l’uomo deve aver fatto qualcosa al tempo, e giungo alla conclusione chel’uomo lo ha materializzato. L’essere umano ha voluto appropriarsi sempre più del tempo: da quello macrocosmico e divino, vissuto come un dono degli Dei, l’umanità è passata al tempo agricolo, suddiviso in stagioni che regolava i raccolti e il lavoro nei campi, per arrivare al tempo industriale per la produzione e commercializzazione delle merci diviso in ore, minuti e secondi, per ritrovaci ad oggi al ‘click’, unità di misura che regola la velocità di elaborazione di un computer. C’è stato in questo modo un processo di accelerazione del tempo, che da qualitativo è diventato quantitativo. Le persone lo percepiscono come a servizio della produzione che si basa sulla quantità a scapito della qualità, che è la componente che dona benessere al singolo individuo: quest’ultima si esplica nella presenza di sé nel tempo che si dedica a qualcosa, a qualcuno o a sé stessi. È un silenzio, uno spazio che non viene disturbato né da fuori né da dentro e non una certa quantità di minuti che si susseguono uno dopo l’altro scanditi da un orologio. Il tempo è quindi attenzione, presenza, è l’esserci qui ed ora. Ma oggi l’essere umano vive immerso in questa accelerazione e materializzazione grazie soprattutto all’aiuto delle macchine, in modo particolare dei computer. L’uso costante di queste tecnologie porta l’uomo ad essere sempre più disturbato perché viene distratto da sé stesso e da ciò che sta facendo: quando squilla un telefono, o arrivano messaggi o chat sul cellulare siamo costantemente costretti a distrarci per guardare o rispondere all’apparecchio, per poi doverci ridestare e riconcentrare per tornare a quanto è stato interrotto. Ho notato che sempre più spesso, per rilassarsi o quando hanno tempo libero, le persone guardano il computer o giocano coi videogiochi anziché godersi la natura o la compagni di altre persone, e così passano anche ore in una condizione come se si fosse “fuori dal tempo”, si andasse in una dimensione del tempo che non è né cosmico degli Dei, né microcosmico degli uomini, ma una nuova dimensione del tempo, quella delle macchine. Questo “estraniarsi” dell’uomo dalla realtà porta l’essere umano a perdersi in qualcosa che non ha una dimensione temporale come l’abbiamo intesa fino ad oggi. Ogni singolo individuo per “riappropriarsi” del tempo deve fare appello alla propria volontà, deve voler essere presente in ciò che fa e deve voler trovare calma e spazio interiori che nascono da un proprio ritmo di vita. Il tempo è quindi vita, è qualità della propria presenza con sé stesso e con gli altri. Il tempo è biografia, il modo nel quale ciascun essere umano vive la propria vita, il proprio tempo, che differisce dalla cronologia che sono solo fatti che si susseguono in ordine cronologico.

Poesia   IL TEMPO

Batte batte

Il tempo

Forte forte

Lento lento

Fuori dentro

Fuori dentro

Ora penso?

Micro cosmo

Macro cosmo

Il tempo è biografia

Il tempo è la mia via

a cura di Martina Brandalise